Quali mascherine si possono riutilizzare e lavare?
Ecco le risposte per mascherine chirurgiche, FFP1, FFP2, FFP3 e in tessuto.
Nonostante sia divenuta per tutti noi uno strumento ormai familiare, la mascherina – il dispositivo di protezione individuale maggiormente efficace per limitare la diffusione del Covid-19, al pari di un adeguato distanziamento sociale e di una accurata e puntuale igiene delle mani – è ancora oggetto di controversie e dibattiti soprattutto in merito al suo utilizzo. L’ultima novità in ordine cronologico è stata la precisazione arrivata direttamente dall’Istituto Superiore di Sanità per bocca del suo Presidente, Silvio Brusaferro: “Per le mascherine chirurgiche non è consigliato il riutilizzo e neppure il ricondizionamento, mentre può essere preso in considerazione l’uso prolungato”. Ma, in caso di breve utilizzo, è concesso riutilizzarle? Se si, come conservarle per tutelare un adeguato livello di protezione? Come sanificarle o lavarle? Rispondiamo a queste domande cercando di fare chiarezza rispetto al riutilizzo delle più diffuse tipologie di mascherine: chirurgiche, FFP1/FFP2/FFP3, in tessuto.
A cosa servono le mascherine
Un utilizzo adeguato della mascherina garantisce una significativa limitazione dell’emissione nell’aria di secrezioni respiratorie e salivari in forma di goccioline, quelle in cui si riscontra la presenza del coronavirus, 600 volte più piccolo di un capello. Esse sono normalmente espulse quando si parla, si starnutisce o si tossisce e questo, insieme ad un adeguato distanziamento fisico e ad un’accurata igiene delle mani, ci mette al riparo da un eventuale contagio.
Mascherine chirurgiche: sono riutilizzabili?
Le mascherine chirurgiche (dispositivi medici), quelle formate da due o tre strati di tessuto non tessuto (TNT) costituito da fibre di poliestere o polipropilene, sono normalmente usate in ambienti sanitari.
Questi dispositivi offrono protezione dalle contaminazioni per un tempo di 6/8 ore di utilizzo continuativo, terminato il quale, sono da eliminare. Come conferma anche un recente studio scientifico che ha riscontrato parti di virus rilevabili anche a distanza di 7 giorni dal loro primo utilizzo, nella loro parte interna. Le mascherine chirurgiche sono quindi da considerarsi monouso, non riutilizzabili e non lavabili. I sistemi sino ad ora sperimentati per sanificarle, infatti, basati prevalentemente sull’utilizzo del calore secco, rischiano di danneggiarne il tessuto. Unica eccezione ammessa è prevista in caso non fossero state utilizzate continuativamente per le 6/8 ore giornaliere in cui garantiscono efficacia: allora è possibile riutilizzarle il giorno successivo, a patto di conservarle in un sacchetto di carta e avendo l’accortezza di maneggiarle dagli elastici per evitare di toccarle con le mani.
Riutilizzare le mascherine FFP2
Le mascherine denominate con le sigle , FFP2 (92% di capacità filtrante), sono dispositivi di protezione individuale introdotti per proteggere gli operatori dalla contaminazione esterna. Sono disponibili con o senza valvola. Nel primo caso, proteggono chi la indossa; nel secondo, sia chi la indossa, sia gli altri. Questo tipo di mascherine possono essere monouso (catalogate dalla sigla NR – non riutilizzabili) o riutilizzabili (identificabili dalla lettera R). Le mascherine FFP2, FFP3 riutilizzabili, per lo meno sino a quando non sono soggette ad usura dei materiali di cui sono composte, possono essere sanificate in due modi:
- sostituendo esclusivamente i filtri (in base alle indicazioni del produttore in merito al numero di ore in cui il filtro assicura protezione);
- lavandole a 60° con un comune detersivo (seguendo le indicazioni del produttore che, generalmente, riporta nelle istruzioni all’uso il numero massimo di lavaggi possibili per non comprometterne la capacità filtrante).
Riutilizzare le mascherine in tessuto
Le mascherine filtranti in uso alla comunità, quelle per intenderci non adatte per usi sanitari, ma indicate per le esigenze della famiglia, sono una soluzione ottimale non solo a livello ambientale, ma anche in termine di stile, considerato il fatto che ormai ce ne sono per tutti i gusti e che si possono anche auto-produrre. Sono costituite in materiali multistrato idonei a fornire un’adeguata barriera, un discreto comfort e una buona aderenza. Questo tipo di mascherine fanno un buon lavoro filtrando le particelle virali più grandi, ma sono poco efficaci per le goccioline più piccole. Stando ai test sino ad ora condotti, le fibre naturali (per esempio, il cotone) hanno prestazioni migliori di quelle sintetiche e due strati garantiscono una protezione migliore di uno. Andrebbero pulite o disinfettate dopo ogni utilizzo. A seconda dell’uso possono essere lavate in lavatrice a 60° o anche a mano con acqua calda e un detergente delicato. L’asciugatura è bene avvenga in un luogo caldo.
Consigli per aumentare l’efficacia della protezione della mascherina
A prescindere dalla mascherina che abbiamo a disposizione, è utile seguire alcune indicazioni prima, durante e dopo il loro utilizzo per non metterne a rischio la capacità filtrante:
- prima di indossarla, lavarsi con cura le mani;
- afferrarla dagli elastici e posizionarla in modo da coprire correttamente naso e bocca.
- controllarne il verso: nelle chirurgiche, per esempio, la parte colorata è quella esterna.
Durante l’utilizzo è bene manipolarla il meno possibile e soprattutto evitare di riporla in tasca o a contatto con oggetti e/o superfici potenzialmente pericolosi.
Quando, infine, decidiamo di toglierci la mascherina, anche se è sempre bene sfilarla dagli elastici, è fortemente consigliato lavarsi con cura le mani.